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Un bilancio con molti buchi. Di C. Arthemalle e P. Maurandi

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Pubblichiamo molto volentieri una nota di commento sul Bilancio 2015 proposto dalla Giunta regionale della Sardegna. La nota, redatta da Carlo Arthemalle e Pietro Maurandi, del Centro d’Iniziativa Democratica di Cagliari, contiene osservazioni di taglio critico sulla effettiva capacità del documento economico della RAS di mobilitare adeguatamente risorse e dinamiche di sviluppo per la nostra regione.

Altre informazioni sulle valutazioni e sulle iniziative del Centro d’Iniziativa Democratica possono essere acquisite sul sito dell’Associazione, all’indirizzo: http://www.cidcagliari.it/

Ringraziamo gli autori per averci autorizzato a ripubblicare il loro articolo.

Buona lettura !

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Un bilancio con molti buchi.

Il documento distribuito dalla Giunta Regionale per illustrare i dati del bilancio 2015 fa riferimento alla situazione di profonda crisi economica e sociale che attanaglia la nostra Isola, ricorda i numeri drammatici relativi ai disoccupati e ai giovani in cerca di prima occupazione e si dilunga incolonnando cifre e presentando grafici. Noi, dopo averlo letto tutto, ci siamo chiesti se questo programma di lavoro rappresenti una risposta adeguata all’emergenza che stiamo attraversando.

Intendiamoci, il documento presentato contiene delle differenze qualitative rispetto alle impostazioni e ai risultati degli anni precedenti, ma a noi pare che ci si proponga di operare ancora all’interno dello schema che si è andato consolidando nel corso di decenni e non sempre in conseguenza di politiche virtuose. Ci sembra di poter dire che ci troviamo dinanzi ad un bilancio ingessato, nel quale le spese obbligatorie ipotecano la stragrande maggioranza delle risorse disponibili; ci sembra di poter dire, insomma, che non si è capito quanto sia grave la situazione oppure che non si sappia da che parte cominciare per venirne a capo.

Secondo il documento presentato le spese obbligatorie rappresentano 5.319.000 Euro su un totale di 7.783 milioni di entrate. I fondi da utilizzare per creare sviluppo e occupazione dovrebbero arrivare per circa la metà da risorse UE e per l’altra metà da un mutuo di 600 milioni da accendere per finanziare interventi nelle infrastrutture. Il documento parla di una disponibilità di 1.300 milioni cui andrebbero aggiunti i fondi impegnati ma non spesi nelle annualità precedenti. Vista l’importanza che nella nostra economia assumono i finanziamenti europei e vista l’inefficienza dimostrata nel recente passato ci pare obbligatorio guardare con scetticismo ai propositi dichiarati. I 1.300 milioni prospettati, inoltre, ci sembrano spalmati su un fronte tanto vasto da far diventare dispersivo tutto l’intervento. Appare chiaro che la preoccupazione è stata quella di non dimenticare nessuno ma, per ottenere risultati che incidano, è certamente più proficuo concentrare la spesa su poche scelte coraggiose, in grado di produrre velocemente dei risultati tangibili.

Le risorse da destinare agli investimenti andrebbero impiegate con intelligenza e facendo scelte coraggiose anche perché sono drammaticamente poche. Sono anche meno di quelle che dichiara il documento di bilancio perché una quota di risorse incolonnata tra le voci finalizzate a creare sviluppo e occupazione serve a tutt’altro scopo. Ci riferiamo, per essere chiari, alle cifre destinate alla gestione delle partecipate (Igea, Carbosulcis , ecc), a quelle che vanno sotto il titolo di ricerca e sviluppo e a quelle destinate a finanziare gli enti regionali che praticano l’agricoltura di città (LAORE, ARGEA e simili).   I soldi spesi in questa direzione sono destinati, prevalentemente, a pagare il personale di aziende che sono da anni fuori dal circuito produttivo e i dipendenti degli enti pubblici che negli anni passati hanno visto gonfiare i loro organici più per rispondere all’esigenza di far clientela che a quella di supportare l’economia. Raccontare che queste siano spese destinate a sostenere le imprese richiede una buona dose di ipocrisia. Comprendiamo quanto sia difficile liberare gli armadi dagli scheletri accumulatisi in decenni di gestione sconsiderata ma dire la verità è almeno un modo di cominciare.

Scorrendo le pagine del documento abbiamo cercato invano le linee di una strategia capace di indicare i settori merceologici che si intendono aggredire e i gruppi sociali che si vogliono chiamare ad esercitare il ruolo di protagonisti. Abbiamo cercato di capire da dove potrebbero arrivare i nuovi posti di lavoro e quali input la Giunta regionale intende proporre al mondo produttivo per stimolare la ripresa. Nel documento abbiamo trovato la proposta del mutuo da dedicare alle infrastrutture e quella di far pagare l’IRAP più bassa d’Italia …. Ma bastano queste misure ad affrontare l’emergenza e a stimolare le imprese e gli imprenditori?

Umilmente ci sembra di poter dire che occorre più coraggio; se davvero vogliamo bloccare l’esodo delle forze migliori, che i giovani accettino la sfida di rilanciare l’agricoltura e di valorizzare le risorse esistenti nel territorio deve essere la classe dirigente, per prima a mostrare coraggio.   Se vogliamo che i nostri artigiani dalle mani sapienti e gli imprenditori nel loro insieme resistano alla tentazione di abbassare le serrande deve essere la classe dirigente a dare l’esempio. A mostrare coraggio, appunto.

Intanto vorremmo sapere perché nel documento programmatico non si fa nessun riferimento ad alcune attività umane che potrebbero movimentare l’economia senza dover ricorrere ad investimenti proibitivi. Perché l’idea di rilanciare l’edilizia, promuovendo il ripristino e il riuso delle migliaia di case abbandonate, non viene riproposta? Forse perché i palazzinari che guardano con preoccupazione al loro invenduto non sarebbero d’accordo?

E perché non si fa nessun accenno all’idea di coltivare gli oltre duecentomila ettari di bosco di proprietà pubblica, creando alcune migliaia di posti di lavoro forestale, lavoro precario ma ugualmente benedetto? Forse per non dare un dispiacere ai cacciatori che su questo bene pubblico vantano un riservato dominio?

Vorremmo anche sapere perché non si fa nessun accenno alla opportunità di riprendere l’idea del parco nazionale nella zona più interna dell’Isola e perché ci si è dimenticati, nello stendere il documento, della possibilità che attorno ai principali porti isolani sorgano agglomerati capaci di attirare investimenti italiani e forestieri grazie alla fiscalità di vantaggio. Insomma, dopo tante sciocchezze sulla zona franca, ci si attenderebbe una decisa iniziativa per istituire i porti franchi.

Il 7 febbraio, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, parlando al congresso Assiom Forex di Milano, ha proposto la creazione di una Bad Bank, un istituto finalizzato a liberare le banche italiane dai così detti incagli che impediscono agli istituti di credito di rispondere alla domanda delle imprese. Visco ha definito ineludibile la misura proposta e noi riteniamo di trovarci di fronte all’esempio di un servitore dello Stato che affronta la situazione con competenza e coraggio. E ci domandiamo se non sia possibile, per una volta, che la Regione anticipi lo Stato, chiamando le due banche specialiste in incagli che operano sul nostro territorio a studiare una misura che consenta alle imprese sane di riprendere ad operare normalmente. Una misura questa che, se si realizzasse, aiuterebbe molto di più del taglio dell’IRAP.

Cagliari, 16 febbraio 2015